Una crisi del tutto nuova. Suggerimenti per una sinistra cieca
nov 5th, 2014 | Categoria: Editoriale
Nel contesto di una crisi mondiale, che le ricette del neoliberismo non fanno che aggravare, la sinistra si rivela incapace di contrapporre politiche alternative. Questa impotenza, questa incapacità di risposta, corrisponde quasi a una sparizione. Uscire decisamente dalla scia dei poteri dominanti costituisce l’unica possibilità di restituire alle forze del cambiamento un ruolo e una prospettiva. La causa principale di questa paralisi è il fatto che non è stata ancora messa a punto una rigorosa analisi della crisi attuale. In un momento che dovrebbe richiedere il massimo impegno, si sentono solo dei balbettii e delle proposte timide, inefficaci.
(…)Vale ricordare che nel terzo libro del Capitale Marx mette in evidenza il meccanismo dell’inevitabile caduta del saggio di profitto. Data la distribuzione del reddito tra capitalisti e lavoratori, i primi cercheranno di comprimere i salari sostituendo i lavoratori con macchine. La sostituzione di macchine a lavoratori produce la disoccupazione, dunque concorrenza fra disoccupati e occupati, dunque diminuzione del salario. Questa pratica, per il singolo capitalista, è razionale: al singolo capitalista conviene che la forza lavoro sia pagata il meno possibile. Ciò che conviene al singolo capitalista non conviene però al complesso dei capitalisti, perché i redditi che pagano le merci prodotte sono principalmente i salari. D’altra parte l’aumento del capitale costante rispetto al capitale variabile, a parità di ogni altra circostanza, farà algebricamente diminuire il saggio dei profitti.
In un certo senso vanno in crisi contemporaneamente gli imprenditori e i lavoratori dipendenti. La ricchezza si concentra enormemente e agisce solo in operazioni finanziarie e non in imprese produttive. Tutto questo provoca una crisi di domanda e il ristagno dell’economia. La concentrazione della ricchezza, ma soprattutto la pretesa che essa possa essere usata solo per l’ulteriore accumulazione, riduce la domanda di beni e servizi.
La crisi che stiamo vivendo è assai più grave di quella del 1929, che contribuì alla crescita del fascismo e del nazismo e dalla quale si uscì, non tanto con il New Deal di Roosevelt, ma con la seconda guerra mondiale. La crisi attuale (non solo in Italia) si è abbattuta sulla politica e soprattutto sulla sinistra, che non ha più una base culturale e, pertanto, cerca di sopravvivere in modo disordinato e confuso. Come ognuno può vedere. Questo avviene perché il disordine è quello derivante dal capitalismo finanziario trionfante che punta solo a procedere come una variabile indipendente dalla produzione. Ovviamente chi trionfa non ha nessuna intenzione di cambiare le cose. Altrettanto ovviamente questo compito (cambiare le cose) dovrebbe appartenere alla sinistra intesa in senso lato ma la sinistra non c’è o, per quel poco che sopravvive, è debole, divisa, rissosa.
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Come si è già detto la crisi economica ha prodotto crisi politica e culturale. Con la crisi economica prevale un principio essenzialmente difensivo e di conseguenza, un’azione cieca che manca di iniziativa e di strumenti critici. La prima conseguenza è, come appare evidente a tutti, che i partiti non ci sono più. Si sono trasformati in aggregazioni disordinate di interessi , senza un ideale, e (come le persone) cercano solo di arrangiarsi. Così viene avanti l’astensionismo e il grillismo, mentre cresce il potere dei gruppi di interesse che provocano gli scandali di cui son piene le cronache. La crisi culturale è conseguenza di questo prevalere degli egoismi di basso conio.
Massimo Loche, Valentino Parlato
dall’introduzione a
UNA CRISI MAI VISTA
a cura di Massimo Loche e Valentino Parlato
volume in uscita il 26 novembre in edicola con il manifesto e in libreria